UN VISTO TURISTICO E L’ODISSEA DEI MAASAI IN VIAGGIO VERSO L’ITALIA

Far venire un maasai in Italia non è né semplice né scontato, si rischia di gettare un sacco di tempo, soldi in documenti, assicurazioni e biglietti aerei per niente!

Nei mesi precedenti al nostro matrimonio abbiamo iniziato la prassi di richiesta di tutti i documenti necessari utili a sposarci nel comune di Dar es Salaam in Tanzania, una volta sposati abbiamo richiesto la trascrizione della nostra unione al mio comune di residenza in Trentino tramite l’ambasciata italiana situata a Dar e fino ad organizzare e richiederne il trasferimento di William in Italia.

Inutile spiegarvi con un questo articolo le difficoltà che si incontrano, il cartaceo da espletare o dove recarsi, in questi ultimi anni sono cambiate le leggi e per questo motivo è sempre bene rivolgersi agli uffici governativi della Tanzania o all’ambasciata italiana in modo da essere consigliati passo a passo correttamente.

La città di Dar es Salaam vista dal traghetto

Vi abbiamo parlato di noi in questo articolo: IL RACCONTO DI UN MASAI E UN’ITALIANA IN TANZANIA e vi abbiamo raccontato come è nato il nostro amore fino a decidere di sposarci e stare insieme per vivere il nostro futuro insieme, adesso vi spieghiamo quanto è stata sofferta e impegnativa la nostra scelta…

LA RICHIESTA DI UN VISTO D’INGRESSO IN L’ITALIA

Diventati marito e moglie io e William chiediamo un appuntamento presso l’ambasciata italiana, portiamo e rilasciamo i documenti necessari, abbiamo dovuto far tradurre il certificato di matrimonio dalla lingua swahili a quella italiana con la convalida timbrata da un notaio autorizzato presso gli uffici governativi a Dar es Salaam, una volta pronti l’ambasciata li ha registrati e inviati in Italia tramite posta certificata “pec”.

Troviamo una delle impiegate italiane molto disponibile e cordiale nei nostri confronti, ci aiuta a richiedere il visto appropriato che servirà a mio marito in partenza per l’Italia, tra la “tanta carta” ci compila un lascia passare scritto in lingua italiana, autorizzando e certificando il motivo del viaggio di Willy poiché quest’ultimo sembrava servire a non incappare in nessuna difficoltà all’espatrio.

Il tutto ve lo stiamo descrivendo tralasciando tutti i giri dei vari uffici che ci rimbalzavano da una parte all’altra durato settimane, le tantissime telefonate d’informazione, le “mance” sottobanco in aiuto a velocizzare le pratiche, come purtroppo sono abituati a ricevere, in cambio di non incappare in lunghe attese organizzate apposta ecc… ecc… ecc…

Terminato ciò che per noi sembrava diventato un lavoro, faccio ritorno in Italia con la tranquillità di sapere che Willy mi avrebbe raggiunto a distanza di due mesi intraprendendo questo viaggio da solo, io lo avrei atteso all’aeroporto Valerio Catullo di Verona. Mio marito parla la lingua inglese perfettamente, ero certa che avrebbe saputo sbrigarsela da solo senza bisogno del mio aiuto, nel mentre, io riprendo la mia vita e quotidianità in Italia.

IL VIAGGIO E LA PARTENZA DALLA TANZANIA

Tutto era pronto, il suo volo era confermato con partenza dall’Aeroporto Internazionale Julius Nyerere di Dar es Salaam il 24 giugno 2015 alle ore 18.00.

William si presenta al check in della compagnia Qatar con tre ore di anticipo, gli si presenta il primo problema, gli contestano il fatto che possedeva un biglietto di viaggio per sola andata, gli chiedono un ticket di andata e ritorno. Lui cerca di spiegare che avrebbe raggiunto la moglie in Italia per rimanerci a vivere. A quel tempo non sapevamo ancora che sarebbe nato il progetto di Maasai Travel Life, da sempre sapevamo che volevamo terminare la nostra vita in savana a casa maasai ma in quei favolosi anni pensavamo solo a vivere insieme.

Interviene il personale dell’ufficio immigrazione chiamato dalla compagnia aerea… Fortunatamente, trovandosi ancora a Dar Es Salaam, si spiegavano benissimo usando la loro lingua madre “swahili”, ma i minuti e le ore scorrevano velocemente…

Lo chiamavo e non rispondeva al telefono, ero preoccupata, ormai davo per scontato che qualcosa non stava andando per il verso giusto, avevo delle testimonianze di qualche amica, ero venuta a conoscenza delle difficoltà che avevano incontrato alcuni tanzaniani in partenza verso l’Europa.

Nonostante i lascia passare autorizzati, sono molteplici gli esempi che potrei descrivere riguardo alcuni maasai, una volta addirittura raggiunta la destinazione fuori paese d’origine, sono stati rimandati indietro senza un giustificato motivo. Finalmente riesco a parlare con mio marito al telefono, mi racconta dell’inconveniente e mi rassicura dicendomi che si era appena accomodato pronto a volare e mi saluta velocemente, l’aereo era già movimento e pronto al decollo.

Willy è riuscito prendere quell’aereo solo per aver avuto la prontezza di chiamare il numero di cellulare fornitole dall’ambasciata italiana in cerca d’aiuto, ringrazierà sempre la disponibilità ricambiata da chi si trovava dall’altra parte del telefono nel spiegare alle autorità aeroportuali che tutto era a norma e poteva partire.

Nel mentre un poliziotto, chiama il numero interno della compagnia aerea, chiede di attendere qualche minuto la partenza del volo, accompagnano William con urgenza facendolo salire a bordo di una delle loro auto di servizio, si scusano del disagio creatogli augurandogli buona fortuna e si salutano con un “kila la kheri (buona vita in lingua swahili).

I motori dell’aereo erano accesi, aspettavano Willy, abbassano la pedana, lo invitano a salire a bordo urgentemente, giusto il tempo necessario di prendere posto senza aver avuto possibilità di ascoltare la registrazione pre-partenza, quella che tutti noi conosciamo benissimo, le sarebbe tornata utile in caso di necessità o a rendersi conto che stava decollando per la prima volta in vita sua. Allaccia le cinture mentre il volo si solleva da terra, Willy non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare che si trovava a bordo di un vero aereo che stava volando sopra la terra ferma.

Willy: siii… “mi trovavo proprio su quella grande cosa rumorosa che in savana sentivo spesso con il suo forte rombo, lo osservavo passare, lasciava una scia come a pitturarne il cielo, a volte lo vedevo nascondersi tra le nuvole, ma mai avrei pensato di ritrovarmici a bordo un giorno”.

Per la compagnia aerea e la Tanzania il problema stava nel fatto che il lascia passare dell’ambasciata era scritto solo in lingua italiana, lo avrebbero voluto in lingua inglese, riportando inoltre un comune visto turistico anziché un visto “visita a famigliari”… (ma era la prassi corretta).

In tutti i casi è cosa alquanto impossibile da avere affinché non ci si trovi in Italia o altrove, si deve prima avere la possibilità di arrivarci a richiederlo se si vuole ritrovarsi in mano un regolare permesso di soggiorno, solo allora riporterà la dicitura voluta e corretta; “CARTA DI SOGGIORNO DI FAMILIARE DI UN CITTADINO DELL’UNIONE”

A quel tempo nulla era scontato e sembrava che nemmeno un regolare certificato di matrimonio registrato in entrambi i paesi potesse bastare.

LO SCALO A DOHA

Il volo avrebbe fatto scalo a Doha-Qatar verso mezzanotte ed io con lui non avrei più avuto nessun contatto fino a quando non si trovava finalmente in Italia.

All’ultimo nostro incontro, gli avevo lasciato una sim-card Vodafone da inserire nel suo cellulare da utilizzare una volta arrivato a Roma. Gli avevo anticipato che in aeroporto avrebbe dovuto raggiungere il Gate prima possibile, non avrebbe avuto molto tempo a disposizione, solo un’ora, fortunatamente conosce e parla molto bene anche la lingua inglese. Mio marito prende le mie parole alla lettera, sapeva che doveva chiedere o controllare sul biglietto il suo numero di ticket confrontandosi con i grandi monitor che rilasciano il numero di Gate. Arriva con il fiatone dopo una continua corsa, è stanco, vorrebbe rilassarsi, ma gli agenti lo accompagnano all’ufficio immigrazione e si ritrova con lo stesso precedente problema da risolvere ricominciando tutto da capo….

Anche questa volta la fortuna lo ha assistito risolvendo il disagio velocemente grazie al suo buon parlato inglese e la compagnia aerea, Qatar, lo ha atteso partendo nuovamente in ritardo.

Atterra a Roma, all’aeroporto di Fiumicino, doveva solo prendere un volo interno con destinazione Verona e tutto sarebbe finito…. Aveva a disposizione tre ore di scalo che sarebbero dovute servire a rilassarsi e realizzare che si trovava in Italia e a pochi chilometri da noi.

L’ARRIVO IN ITALIA

Segue le persone e si mette in coda al controllo passaporti, un poliziotto lo guarda e gli dice:

tu siediti li! William si siede e abbassa la testa, passa un’ora ma nessuno delle forze dell’ordine gli si avvicina, prende coraggio, si alza, si dirige verso i poliziotti e pretende spiegazioni, a tono deciso e in inglese le rispondono di attendere ancora, Willy perde la pazienza, e sempre utilizzando la lingua inglese che in quel momento gli veniva e conosceva meglio rispetto a quella italiana dice:

ascoltate….. io devo salire tra poco su un volo che mi porta a Verona dove già ho mia moglie italiana che mi attende in aeroporto, se volete le telefono e ci potete parlare. Adesso vi mostro tutti i documenti regolari che attestano il motivo del mio viaggio, se volete farmi entrare in Italia bene, altrimenti sappiate che non sono scappato da casa mia e nessuno mi ha costretto a venire fino a qua, se non mi volete, per favore, me lo dite subito senza farmi perdere tempo e me ne torno a casa mia volentieri!

I due poliziotti si guardano senza rispondere niente e cominciano un giro di chiamate interne, Willy non era ancora così bravo a comprendere e parlare italiano, sentiva solo loro che parlottavano con un “chiamo su o chiamo giù” (che tra l’altro tradotto in lingua Swahili ha il significato contrario dal nostro italiano). Sentiva che uno dei due voleva mettere il timbro di lascia passare nel passaporto e un collega non era d’accordo…. Ha vinto il poliziotto che aveva il timbro in mano, ha timbrato aggiungendo…. vai!!!!

Era presente una signora italiana, ha assistito a tutta la scena, ne era rimasta sconvolta dal trattamento che le era stato riservato a mio marito, Willy passa la corda che delimita il passaggio, lasignora lo chiama, si parlano, lui le chiede dove deve dirigersi e Anna le risponde di seguirla, anche lei sarebbe stata sullo stesso volo, viaggiano insieme, ha trovato solidarietà ed aiuto da una sconosciuta italiana.

Atterrati a Verona Anna gli suggerisce di starle a fianco in modo di superare i controlli velocemente, tutto fila liscio, è arrivato. Grazie Anna!!

I nostri weekend in tenda in compagnia di altri maasai (Monte Bondone – Italia)

Inutile dirvi quanto sofferte per noi sono state quelle diciotto ore di viaggio, tra scali e paura per entrambi che qualcosa andasse storto, tutti e due con poche ore di sonno alle spalle. Ci abbracciamo increduli di avercela fatta e mi dice che vuole uscire da quell’aeroporto immediatamente.

Concordo senza esitare, ci dirigiamo alla cassa del parcheggio dove avevo lasciato la macchina, dovevo pagare, alle spalle sento rovistare, mi volto e noto Willy togliere dei documenti dallo zaino, chiedo se ha perso qualcosa, mi risponde che sta preparando i documenti da far visionare alla signora. Era così sconvolto e provato dai controlli subiti che non aveva capito che io stavo solo pagando il ticket del posto auto e che la sua “odissea” era finalmente finita.

Saliamo in macchina, prendiamo l’autostrada con direzione Trento, era la sua prima volta lontano dalla Tanzania… All’improvviso perde la parola, pensavo fosse colpa della stanchezza accumulata dal viaggio, non do peso al silenzio e proseguo alla guida. Arriviamo a casa, la prima cosa che incontra quando apro la porta è il mio cagnolino che ci corre a presso (un chiwawa), lo guarda e mi chiede se è un cane grande o un cucciolo, sorride si accomoda al divano e inizia a guardarsi attorno in silenzio.

Mi chiede dove si trova la stanza da letto, era davvero stanco, riposa qualche ora e al suo risveglio decidiamo di uscire. Pensiamo di visitare per prima la nostra città, adesso è diventata la sua seconda casa. Mi seguiva e mi ascoltava, ma parlava e chiedeva pochissimo, lo pensavo ancora sconvolto dal viaggio, stava in Italia da sole poche ore. La prima settimana trascorre velocemente tra un ufficio e l’altro già dal giorno successivo il suo arrivo come lo richiede la legge italiana.

La registrazione della sua presenza al comune di residenza andava effettuata entro le 48 ore dal suo arrivo, poi ci rechiamo all’ufficio immigrazione a richiederne una ricongiunzione famigliare, tra un appuntamento e l’altro ci prendiamo qualche spazio da passare in montagna o sulle spiagge dei nostri laghi in Trentino, abbiamo la fortuna di vivere a pochi minuti da tutto.

LA NOSTRA PRIMA VACANZA INSIEME IN ITALIA

Ormai eravamo in possesso della copia di richiesta del permesso di soggiorno così partiamo per una piccola vacanza sul Lago di Garda, avevamo bisogno di staccare la spina e stare insieme.

Pernottiamo in un campeggio, amiamo la vita all’aria aperta e vivere tra natura e semplicità.

Il posto e il panorama si affacciava direttamente sul lago, era tutto splendido ma il silenzio di mio marito persisteva, era disarmante. Io entro in crisi, inizio a elaborare pensieri negativi, mi chiedevo se forse avesse cambiato idea sul nostro amore, se non gli piacesse ciò che vede, se non fosse felice di essere con me in Italia e se magari gli stesse balenando l’idea di tornare a casa savana…. insomma quando ci troviamo comodi e tranquilli in spiaggia decido di parlare con lui.

Lago di Garda (Trento)

Gli spiego i miei cattivi pensieri, chiedo come sta e cosa lo stava turbando… mi prende tra le braccia e con il suo solito tono di voce tranquilla mi rassicura dicendo che tutto avrebbe pensato nella sua vita, ma che mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe arrivato in Italia, mi descrive il suo primo viaggio in aereo e quanto lo ha spaventato, mi descrive il momento del decollo, il forte rombo dei motori che gli pareva stesse esplodendo ritrovandosi a non voler guardare cosa stesse accadendo, non voleva guardare fuori dal finestrino, trovandosi chinato con il capo sulle sue ginocchia, a tranquillizzarsi solo nel momento in cui una hostess gli tocca una spalla chiedendo se volesse bere o mangiare.

Mi sentivo in colpa per non aver potuto raggiungerlo a fare quel viaggio della speranza insieme a lui, avevo poche ferie a disposizione e sapevo che dovevo conservarle per il suo arrivo, sapevo che potevo contare nella sua intraprendenza.

Prosegue il racconto…. uscito dall’aeroporto, non si immaginava un’Italia così, pensava ci fosse tanto cemento ed invece a casa nostra in Trentino, vedeva tanti boschi che le ricordavano la nostra foresta nei d’intorni di kiberashi, stava notando un ritmo di vita completamente diverso dal suo, stava realizzando che noi italiani non siamo poi tutti così ospitali e sorridenti come quando ci troviamo in vacanza a Zanzibar. Con molta delicatezza cercava di dirmi che non era molto entusiasta di tutto ciò che stava notando nei primi giorni di trascorso a Trento, era partito solo per stare con me e vivere il nostro rapporto insieme eliminando la distanza che ci separava.

L’INCONTRO TRA I DUE MAASAI

Circa un mese prima di William un’altro maasai sposato con un’italiana era arrivato in Italia, è un parente di mio marito che vive ad un paio d’ore da Trento, decido di telefonare alla moglie all’insaputa di Willy.

Inizio la conversazione confidandole il momento che stavo vivendo, lei mi conferma di aver provato le nostre stesse sensazioni d’impotenza nei primi dieci giorni di permanenza in Italia con suo marito, rilascio un sospiro di tranquillità e mi balena l’idea di organizzare un incontro a sorpresa ai due maasai, passando qualche giorno insieme in questa realtà così diversa dalla savana. Le invio la localizzazione del camping dove ci troviamo, concordando che avremo dormito tutti insieme nella nostra grande tenda, proprio come i maasai usano fare a casa loro.

Arriva il giorno tanto atteso, posteggiano l’auto dentro il parcheggio del camping, Willy stava ascoltando musica chiuso dentro la veranda della tenda, uso la scusante di aver bisogno di andare in bagno, invece era una scusante per assentarmi da sola, andavo a “prendere la sorpresa”. In compagnia degli ospiti ci avviciniamo a piedi e in silenzio alla nostra piazzola, faccio segno a Jacopo di proseguire avanti prima lui e….

William non se l’aspettava per niente, si sono salutati come solito usano i maasai, si sono abbracciati, si davano delle “pacche” sulla schiena in segno di gioia, erano felicissimi, noi emozionate e questo ritrovo a fatto tornare in Willy l’allegria e la simpatia di sempre.

ANDIAMO A GARDALAND

La seconda sorpresa fu di passare la serata a Gardaland “ahahaha”, ve li immaginate due maasai che dopo soli pochi giorni in Italia vedono un parco dei divertimenti del genere?

Beh…. io e la moglie di Jacopo ci siamo trovate sedute sul cavallino della giostra dei bambini che girava “ahahahah”, praticamente è stata la prima attrazione che abbiamo incontrato dopo l’entrata e scelta da loro, ancora non si rendevano conto di dove si trovavano. Niente in quel momento ci importava di chi ci guardava, oltre che dovete sapere che bastano solo due maasai insieme per sentirne lo stesso chiasso che riescono a fare dieci persone, incredibile….. quando parlano urlano e ridono a squarcia gola ininterrottamente…

Era tornata la gioia e la felicità che sempre conoscevamo nei nostri mariti.

Adesso William si è integrato perfettamente, ha nuovi amici e nuove prospettive di vita, da quell’anno 2015 gli anni sono corsi velocemente e noi siamo qui a raccontarvi della nostra vita tra Italia e savana…

Dite la verità…. vi ha commosso questo nostro percorso di vita?… Attendiamo la vostra risposta nei commenti, la vostra presenza e i vostri pensieri per noi sono fondamentali, ci date la carica di continuare a raccontare !!!

Se siete interessati a rimanere aggiornati sulla nostra vita in savana iscrivetevi al nostro blog, vi verrà inviata una email ad ogni nuovo racconto aggiunto, compila il modulo sotto, sarete i benvenuti, grazie del vostro sostegno…..

A presto, con affetto Cristina e William

LA NOSTRA VITA AL VILLAGGIO MAASAI

Le giornate trascorrono tra movimento e forti emozioni arrivando a sera con tante nuove esperienze da elaborare tanto che a volte ciò che vivo mi sembra ancora irreale…. “a volte ho l’impressione di vivere nelle favole dei fumetti che leggevo da bambina e che tanto mi facevano sognare”….. trovi il racconto completo cliccando nel link,…

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